G20 a Cannes: il futuro della TTF è europeo?Al vertice del G20 di Cannes la Francia, la Germania e la Commissione Europea chiederanno l’introduzione di una tassa globale sulle transazioni finanziarie. Un accordo sembra difficile, ma l’Europa è decisa ad andare avanti anche da sola con una TTF continentale o regionale. L’Italia – in gravi difficoltà finanziarie e sorvegliata speciale in UE – continua a tergiversare. [di M. Maslennikov] G20. “Al G20 mi batterò per una tassa sulle transazioni finanziarie”. Lo ha dichiarato il 26 Ottobre scorso il Cancelliere Angela Merkel nel suo intervento al Bundestag, il Parlamento tedesco. Decisa ad andare fino in fondo, sfidando persino, piccata, le reticenze statunitensi. “Le nazioni esterne allo spazio europeo che chiedono di fare qualcosa per risolvere la crisi dell’Eurozona, non possono al contempo rifiutare categoricamente l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che invece l’Unione Europea si prepara ad adottare a partire dal 2014”, avrebbe dichiarato la Merkel alla vigilia del G20 finanziario di metà Ottobre, poco prima di una telefonata con il Presidente Obama sullo stato d’arte della crisi del debito nell’area euro. Che la Germania faccia sul serio e la TTF sia una misura di regolamentazione finanziaria più che auspicata dall’esecutivo Merkel è reso manifesto anche dalle dichiarazioni del Ministro federale delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che in un’intervista al Financial Times Deutschland del 31 Ottobre ribadiva come la Germania fosse pronta persino a una soluzione limite –l’introduzione di una TTF in via unilaterale. L’urgenza di portare la tassa sulle transazioni finanziarie al tavolo del G20 ha altri sponsor illustri nel vecchio continente - il Presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy e quello della Commissione Europea Barroso - le cui posizioni hanno trovato riscontro nel documento conclusivo dell’ultimo Consiglio Europeo. La compagine dei Paesi Membri dell’UE ha di fatto convenuto nel voler “esplorare e sviluppare ulteriormente l'opportunità di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie a livello mondiale” con i partner del G20. Tuttavia l’acuirsi della crisi greca e del debito nell’Eurozona sembra poter condizionare l’agenda del summit di Cannes, indebolendo le proposte della delegazione europea. I Brics – tra i potenziali finanziatori via Fondo Monetario Internazionale di un piano di salvataggio dell’Europa - si troveranno in una posizione di forza, se le misure proposte dall’UE per il contenimento e il rientro dal debito sovrano non saranno ritenute convincenti. I paesi emergenti sembrano in realtà più interessati ad un rafforzamento della propria posizione all’interno dell’FMI (come contropartita per la partecipazione al bailout europeo), lasciando spazio alla discussione sulle misure di regolamentazione del sistema finanziario.
La sola possibilità che una qualche finestra si apra in questa tornata di consultazioni sulla riforma del sistema finanziario (TTF inclusa) preoccupa nel frattempo non poco i grandi attori della finanza internazionale. L’azione di lobbying di potentati finanziari contro la tassa sulle transazioni sta diventando particolarmente martellante. La necessità di “rassicurare i mercati” e le potenziali perdite cui il settore bancario europeo potrebbe andare incontro sono sempre più spesso tra gli argomenti – paradossale, ma vero – cui si ricorre in piena luce del giorno dalle colonne e dalle frequenze dei propri house organ per affossare o quanto meno posporre l’implementazione della TTF. Agli occhi dei cittadini - sempre più increduli e indignati - sono argomentazioni difficili da mandar giù per la responsabilità che il settore finanziario ha avuto ed ha nella crisi, per le pratiche predatorie e gli attacchi speculativi che i grandi player della finanza (vi siete mai chiesti chi è che di fatto staremmo cercando di rassicurare?) hanno lanciato contro i titoli di Stato europei - gli asset sovrani dei Paesi che hanno contribuito cospicuamente a partire dal 2008 al salvataggio della finanza, sprofondando lungo una già ripida spirale del debito. Eppure i giochi al G20 non sono necessariamente chiusi. Il Presidente di turno del vertice, Nicolas Sarkozy (un altro sostenitore istituzionale di rilievo della moderna Tobin Tax) cercherà di fare di tutto perchè la TTF non venga estromessa dall’agenda del summit, aiutato per l’occasione dalla presentazione in programma a Cannes del rapporto commissionato dal G20 alla Fondazione Gates. Uno studio sul reperimento di risorse per la finanza climatica e per la copertura dei programmi di politiche pubbliche finalizzate al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio che da molte indiscrezioni individua nella TTF una misura senza eguali. Consapevole della difficoltà di un consenso globale e delle resistenze britanniche per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie su scala continentale, Sarkozy avrebbe comunque intenzione di promuovere una coalizione di paesi pilota che introducano la TTF, idea da esplorare ma che non sembra dispiacere ad alcuni economie emergenti. In sostegno all’attivismo di Sarkozy sul fronte TTF ci sono molte organizzazioni della società civile a partire dalle campagne continentali che hanno in programma diversi workshop e azioni di piazza nel corso del People’s Summit, il controvertice della società civile a Nizza (1-4 Novembre). Un’altra buona notizia per i sostenitori della TTF (istituzionali e meno) è arrivata nella mattinata del 24 Ottobre scorso. Nella presentazione alla stampa a Roma della nota “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale” del Consiglio Pontificio Giustizia e Pace, la tassa sulle transazioni internazionali è apparsa fra le possibili misure da implementare “per promuovere lo sviluppo globale e sostenibile secondo principi di giustizia sociale e della solidarietà; e […] contribuire alla costituzione di una riserva mondiale, per sostenere le economie dei Paesi colpiti dalle crisi, nonché il risanamento del loro sistema monetario e finanziario”. UE e Italia. “Il Consiglio Europeo prende atto della proposta della Commissione relativa a una tassa sulle transazioni finanziarie” recita il punto 5 del documento conclusivo dell’ultimo vertice (23 Ottobre) dei capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi dell’UE. Una sintesi estrema nella posizione dell’organo esecutivo dell’Unione Europea sulla proposta di direttiva relativa all’introduzione sui mercati europei di una tassa sulle transazioni finanziarie, proposta annunciata dal Presidente Barroso lo scorso 28 Settembre. La sintesi rappresenta spesso (soprattutto nei documenti istituzionali) un buon escamotage per nascondere l’assenza di un accordo oppure un compromesso sfumato. Nel caso in questione il dossier Grecia e i piani di ricapitalizzazione delle banche europee hanno semplicemente impegnato la maggior parte del vertice europeo e la proposta Barroso – che necessita ancora di un’analisi di impatto da parte dell’ECOFIN – è stata rimandata al prossimo incontro di Novembre dopo la parentesi del G20. Ma il progetto politico della Commissione è stato lanciato. E ciò con cui dovrà misurarsi è la volontà politica degli Stati Membri a dargli credito. Una direttiva in materia fiscale necessita infatti dell’unanimità degli Stati Membri per poter entrare in vigore. E se le resistenze della Gran Bretagna – culla della City di Londra – sembrano al momento difficili da superare, il recente riposizionamento dell’Olanda – uno dei Paesi detrattori della tassa, fa ben sperare. Con il sostegno olandese alla TTF l’area dell’Eurozona sembra quasi compattarsi intorno alla proposta con la scala di applicazione della tassa alla sola unione monetaria a soddisfare sia la Germania di Schaeuble - Merkel che la Francia di Sarkozy con la sua coalizione degli Stati pilota. C’è però un’eccezione. Una singola eccezione di rilievo. Un Paese dell’Eurozona che nonostante chiamato a pronunciarsi continua oltre ogni ragionevolezza e buon senso a tergiversare, mantenendo inspiegabilmente un silenzio assordante sulla proposta. Un Paese in gravi difficoltà che beneficerebbe da un intervento normativo sovranazionale volto ad arginare le speculazioni sui suoi titoli di Stato e potrebbe contare su un gettito non indifferente in un momento in cui le casse statali languono e le emissioni di nuovi di titoli di Stato per rifinanziare il vecchio debito devono sostenere tassi di interesse elevatissimi. Un Paese impantanato in cui l’inflazione galoppa, la disoccupazione giovanile è ai massimi livelli della sua storia repubblicana, il potere d’acquisto delle famiglie sempre più eroso e con le disuguaglianze sociali che si acuiscono di giorno in giorno. Fatichiamo ad accettare tanta miopia, fatichiamo ad accettare così poca premura per i cittadini. Fatichiamo ad accettare che sia il…nostro Paese! Pochi giorni fa Federico Rampini concludeva un post sul suo blog su Repubblica con queste parole. “Ma di tutte le proposte di riforma in circolazione, la più efficace resta la Tobin Tax, cioè l’imposizione di un prelievo fiscale su ogni transazione finanziaria. La Tobin Tax avrebbe un’aliquota molto bassa, sicché l’impatto sul risparmiatore sarebbe insignificante. Ma essendo una tassa che scatta ad ogni operazione, il suo costo sarebbe invece tutt’altro che trascurabile per i colossi dell’High Frequency Trading. Di fatto la Tobin Tax colpirebbe in modo spoporzionato proprio loro, i grandi squali delle transazioni alla velocità della luce, quelli che non hanno bisogno di fare insider trading perché ci bruciano sul traguardo pur sapendo già quel che facciamo noi. Guarda caso, il dibattito sulla Tobin Tax appare e scompare, ma finisce sempre su un binario morto. E’ forse l’unico caso di una tassa che piacerebbe “al 99%”, ma l’1% che ne blocca l’approvazione ha dimostrato di avere un potere di veto finora insormontabile”. I nostri sforzi - il lavoro di Zero Zero Cinque - vuol risvegliare la coscienza civica del nostro caro Stivale! L’indignazione del 99% (e ne facciamo parte tutti noi!) non può né deve restare inascoltata! |
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