Il 2012 si è aperto con grandi speranze ed aspettative per la Tassa sulle Transazioni Finanziarie (TTF). Dopo il G20 di Cannes dello scorso novembre che ha rappresentato a livello internazionale un momento politico importante di apertura verso la TTF, lo scacchiere di maggiore interesse è ora rappresentato dall’Unione Europea che a seguito della presentazione della direttiva Barroso, proposta agli Stati Membri lo scorso 28 settembre, ha definitivamente posto la TTF al centro del dibattito politico europeo. Determinante nello scenario europeo è stato il cambio di posizionamento dell’Italia, che con l’insediamento del Governo Monti, ha rivisto la linea di chiusura alla TTF assunta dal precedente Governo dichiarando invece il proprio supporto alla proposta purché attuata a livello europeo. Altrettanto decisiva la posizione assunta dal nuovo Governo spagnolo che fin dall’inizio del suo mandato, lo scorso gennaio, ha espresso il proprio favore per la TTF.
Il fronte dei sostenitori a livello europeo è quindi ampio, come dimostrato da una recente lettera inviata alla Presidenza Danese firmata da nove Stati Membri (Francia, Germania, Austria, Italia, Belgio, Spagna, Finlandia, Grecia e Portogallo) che hanno sollecitato la nuova Presidenza UE ad assicurare che il dibattito sulla TTF possa essere incluso con urgenza nell’agenda dei prossimi vertici europei di marzo. La strada di una TTF europea non è però per nulla scontata. Al favore di questi Stati Membri e delle stesse istituzioni europee (in primis Parlamento e Commissione, a cui recentemente ha fatto eco anche il Comitato delle Regioni) si oppone con grande fermezza il Governo inglese che, fortemente condizionato dalle grandi lobby finanziarie, è arroccato su posizioni che possano proteggere la City e l’attuale sistema finanziario. Altrettanto contrari o su posizioni ancora non ben definite anche altri Stati europei tra cui l’Irlanda, la Svezia, l’Olanda, Malta, Cipro. Cosa potrebbe quindi succedere nei prossimi mesi al tavolo dei negoziati europei? Se la proposta di direttiva viene rigettata a causa del potere di veto di alcuni Stati Membri, vi è la possibilità di introdurre la TTF seguendo la procedura della cooperazione rafforzata (strumento giuridico previsto dai trattati UE che permette ad un gruppo di Stati Membri, almeno nove, di poter avanzare nel processo di integrazione su alcune questioni su cui non vi è l’unanimità di tutti gli Stati Membri purché vengano intaccate le materie di competenza esclusiva dell’UE e purché si ricorra a tale procedura con il previo consenso della maggioranza qualificata degli Stati Membri) oppure di realizzare accordi intergovernativi. Una TTF a livello di Eurozona o di coalizione di Stati è quindi uno scenario realizzabile.
La Francia si è recentemente spinta anche oltre. Nelle ultime settimane, in concomitanza con il temine della legislatura e dell’imminente campagna elettorale per le presidenziali che animerà il dibattito politico dei prossimi due mesi, l’Assemblea Nazionale francese ha approvato una legge per l’introduzione della TTF a livello unilaterale a partire da agosto 2012. Un segnale politico importante, seppur non privo di critiche soprattutto con riferimento alla destinazione del gettito che al momento non considera l’impegno, pure assunto verbalmente più volte dallo stesso Presidente Sarkozy, di destinare parte del ricavato per la lotta alla povertà nel mondo e per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
In questo scenario politico, particolarmente fervido ed animato a livello europeo, le campagne internazionali stanno chiedendo con forza ai propri Governi di accelerare il processo di introduzione della TTF in Europa.
Anche la Campagna ZeroZeroCinque ha recentemente inviato una lettera al Presidente Monti in vista dei prossimi vertici europei (Consiglio Europeo del 1° marzo e Ecofin del 13 marzo). Il momento politico è favorevole, nonostante i veti che alcuni Stati Membri, e dietro di loro le potenti lobby finanziarie, stanno cercando di porre. Perdere questo momento, equivale a perdere un’opportunità di riscatto per la Politica di ricondurre la finanza al suo ruolo di servizio dell’economia reale.