MPS, derivati e “Tobin Tax”

di Nicola Ciampoli – Economista Università Tor vergata

Alla luce dell’ultimo scandalo finanziario “nostrano” è legittimo chiedersi come un’adeguata Tassazione delle Transazioni Finanziarie possa contribuire a migliorare i mercati finanziari.

Cominciamo con il costatare che il sistema bancario italiano non è certo immune al fascino della finanza creativa, tanto che proprio la più antica banca del mondo in attività, Banca Monte dei Paschi di Siena, nata nel 1472 per supportare l'agricoltura e la pastorizia in Maremma, ovvero l’economia più “reale” a cui potremmo pensare,  è oggi accusata di aver manipolato i propri bilanci attraverso l’impiego fraudolento degli strumenti finanziari con il più alto grado di rischio in circolazione: i derivati OTC.

Ma cosa significa OTC? OTC è acronimo di Over The Count e sinonimo di “segreto”. Le operazioni OTC sono operazioni fantasma che non lasciano tracce in quanto nessun operatore, tranne le controparti che hanno sottoscritto la transazione, può venirne a conoscenza. Sono a tutti gli effetti degli affari privati. Ne consegue che gli azionisti, i dipendenti, le autorità di controllo, gli obbligazionisti e gli altri creditori dell’azienda (in una parola gli stakeholder) non hanno alcuna possibilità di conoscere l’esistenza, la natura, l’ammontare e la tipologia delle operazioni OTC sottoscritte dal management, se non spontaneamente rese note da quest’ultimo.

E’ quindi legittimo immaginare che la vicenda che ha visto protagonista la MPS, ovvero la sottoscrizione di un derivato capestro e segreto, sia un episodio isolato, un caso patologico.

Ma purtroppo non è così, si tratta invece di una cattiva prassi diffusa nel sistema bancario. Infatti, il mercato dei derivati OTC è di sicuro la piazza finanziaria più grande al mondo, che vale dieci volte la capitalizzazione di borsa mondiale e con un valore nozionale 10.000 miliardi di Dollari solo in Italia[1]. In sostanza, il mercato dei derivati OTC rappresenta il luogo di scambio prediletto dai professionisti della finanza (le c.d. istituzioni finanziarie) ed ha senza dubbio caratterizzato la “moderna” finanza degli ultimi vent’anni che ci ha condotto nella disastrata situazione economica che stiamo sperimentando.

In un tale contesto, l’approvazione di una Tassazione sulle Transazioni Finanziarie, sia a livello europeo che nazionale, rappresenta un importante passo avanti nella giusta direzione, anche se siamo solo all’inizio del percorso.

Basti pensare, ad esempio, alla maggiore trasparenza che una TTF disegnata in modo ottimale può generare. Infatti, se l’operazione “Alexandria” fosse stata assoggettata a tassazione, probabilmente il suo occultamento sarebbe risultato più difficoltoso al management che, in ogni caso, sarebbe stato oggetto di più attenti controlli sia dagli organi interni che esterni all’azienda, con un inevitabile aggravio di responsabilità.

Sotto profilo quantitativo, si noti come, secondo l’attuale formulazione della “tobin tax” introdotta in Italia, il derivato “Alexandria” sottoscritto da MPS è esente dal pagamento dell’imposta poiché si tratta di un derivato avente come sottostante i tassi d’interesse e non i titoli azionari, così come la maggior parte dei derivati OTC. Inoltre, anche qualora si fosse trattato di un derivato assoggettabile alla “tobin tax” italiana, sarebbe comunque scattato il limite dei 100.000 euro oltre il quale la tassa è sempre e comunque pari a 200,00 euro[2], nonostante il criterio della progressività imposto al sistema tributario italiano dall’art. 53 della Costituzione.

E’ chiaro quindi come l’approvazione della FTT costituisca più un punto di partenza che un punto di arrivo, così com’è altrettanto evidente come la FTT vada integrata e completata con altre importanti riforme del sistema finanziario che la rendano altresì una misura più efficace.

Tra le altre, ricordiamo la migrazione delle operazioni OTC verso mercati regolamentati o, comunque, più trasparenti (ad esempio, clearing houses) e l’applicazione della c.d. “Volcker rule” che prevede la separazione tra l’attività bancaria classica e quella più tipica delle banche d’investimento, impedendo alle banche di deposito di investire capitali propri in transazioni in borsa, investimenti in derivati e partecipazioni in hedge fund quote superiori al 3%.



[1] Dati della Banca d’Italia sugli OTC: http://www.bancaditalia.it/media/comsta/2012/Comunicato-OTC-30-giu-12.pdf

[2] Si veda Tabella 3, art. 1, comma 492, Legge n. 228 del 24.12.2012

 

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